Grande successo nell’aula magna del “Benedetto Radice” di Bronte per la visita di Dacia Maraini, invitata dall’istituto brontese che da mesi è impegnato in progetti letterari. Un grande momento di confronto con una delle scrittrici più importanti del nostro periodo, una donna che ha lasciato il segno non soltanto nell’ambito letterario, ma anche in quello sociale. L’incontro è stato fortemente voluto dalla preside, prof.ssa Maria Pia Calanna, che nel saluto introduttivo ha sottolineato l’importanza della lettura, un’azione che gli studenti (ma in generale tutti) dovrebbero fare sempre più frequentemente.

L’incontro è stato moderato dalla prof.ssa Sabrina Anello, tra le coordinatrici del progetto e insegnante del Benedetto Radice.

Dacia Maraini è una scrittrice, poetessa, sceneggiatrice, giornalista, nata il 13 novembre 1936 a Fiesole, vicino Firenze. La sua vita è stata segnata da una profonda sensibilità verso le questioni sociali e culturali. Ha esordito nella letteratura negli anni ’60 con romanzi, racconti, poesie..

Le sue opere spesso affrontano temi come la condizione femminile, l’identità e la memoria, e sono caratterizzate da uno stile narrativo incisivo e poetico. Tra i suoi libri più noti ci sono “La lunga vita di Marianna Ucrìa” e “Il treno dell’ultima notte”.

Durante i primi mesi dell’anno scolastico gli studenti del Radice si sono dedicati alla lettura del libro “in nome di Ipazia”. Una lettura che non è stata fine a se stessa, ma che si è posta l’obiettivo di portare ad una riflessione. Durante sabato 25 Gennaio gli studenti hanno avuto la possibilità di confrontarsi direttamente con l’autrice, presso l’aula magna dell’istituto stesso.

L’evento non è stato circoscritto all’utenza scolastica ma hanno preso parte anche rappresentanti dell’amministrazione locale, docenti e dirigenti di altri istituti, associazioni, ospiti esterni e la stampa.

Un’affluenza che testimonia il grande interesse nei confronti dell’iniziativa promossa dalla scuola.

Ad aprire l’evento è la dirigente scolastica Maria Pia Calanna che ricorda l’impegno dell’istituto nel contrasto alla violenza di genere in tutte le sue forme. Un impegno dimostratosi concreto con l’apertura, in collaborazione con l’associazione “Telefono Rosa”, della “Stanza Zero” qualche anno fa, luogo dove studenti e studentesse, insegnanti, genitori possono trovare supporto per qualsiasi situazione di difficoltà.

“Una donna che sa guardare al mondo e lo sa raccontare”, questo è il modo in cui la dirigente descrive Dacia Maraini.

A precedere l’intervento della scrittrice, è l’esecuzione musicale a cura dell’alunno Cristian Greco.

L’incontro, durato poco più di un’ora, ha toccato numerosi temi di attualità: diritti, libertà, democrazia, patriarcato, sono solo alcuni degli argomenti trattati. La peculiarità è stata quella di aver saputo prendere situazioni e condizioni del passato e averle rese più attuali che mai.

Ipazia infatti era una donna del quarto secolo d.c. ma parla alle donne di oggi. Matematica, astronoma, filosofa, insegnante, è un esempio forte di coraggio e lealtà verso le proprie idee. Una donna ardimentosa che non ha mai rinnegato le proprie idee e la propria persona nonostante le intimidazioni.

Ipazia ricevette numerose minacce per via delle sue ipotesi scientifiche. Alla quarta, i Parabolani la legarono e le cavarono gli occhi: con quegli stessi occhi lei aveva guardato il cielo, i suoi occhi erano eretici.

“Tutti sappiamo dire qualcosa quando non c’è pericolo, però se si è in pericolo e si continua a sostenere le proprie idee, quella sì che è una grande dimostrazione di coraggio! L’esempio è di una donna coraggiosa, il coraggio non ha sesso.”

“Cosa avrebbe chiesto a Ipazia se fosse ancora in vita?” è la domanda di una giovane studentessa. L’autrice risponde: “Le chiederei come faceva ad avere quell’ottimo rapporto con i suoi studenti. Una persona sincera, onesta, che non voleva insegnare ma voleva capire. É questo quello che dovrebbe fare una brava insegnante, coinvolgere in un processo in cui entrambi dobbiamo comprendere e apprendere partendo da quello che si ha”.

Un grande esempio di coerenza sono stati anche i suoi genitori. La famiglia si era trasferita in Giappone per l’attività lavorativa del padre. Nel 43 il Giappone si alleò con la Germania nazista e l’Italia fascista, per cui venne richiesto ai residenti di aderire al partito. La posizione del padre era chiara: non firmò. Si pensava che la madre avrebbe firmato, soprattutto tenendo in considerazione le tre figlie. Questo non le fece cambiare idea: “Se dovremo morire, moriremo insieme”. Dunque, anche la madre, allo stesso modo, non firmò.

La riflessione si sposta sul tema del destino femminile. “Le donne sono prodotto delle storia, come anche gli uomini, e allora la storia può cambiare”. Il patriarcato, come l’assegnazione di ruoli predefiniti e stereotipi hanno origini lontane. Corrisponde infatti, a detta della scrittrice, con la nascita delle abitazioni e l’annesso senso di proprietà e di protezione di questo spazio.

Qualsiasi conquista sul piano dei diritti civili è il corrispondente decadimento di un privilegio di qualcun’altro. Quello che Maraini auspica è un rapporto di coesistenza tra i due sessi, non una guerra, ma un contesto in cui entrambi possano rinunciare a qualche privilegio per il bene comune. “Se qualcuno non sopporta di perdere privilegi significa essere un perdente”.

“Un giardino fortunato” è questa l’idea che Dacia Maraini ha dell’Europa. Non è di certo perfetta e nell’ultimo periodo “tirano venti avversi” ma vige la libertà, la democrazia, i diritti. L’invito della scrittrice è quello di difendere queste libertà e di non tralasciare quanto invece accade nei regimi autoritari. Il parallelismo è infatti inevitabile. In un mondo globalizzato non è possibile pensare che queste realtà siano lontane e non collegate alla nostra. “È importante parlarne, scriverne, raccogliere le testimonianze”. Il riferimento è nei confronti di tutti quei paesi che negano la libertà in tutte le sue forme e, in particolare, per l’autrice il culmine è rappresentato dall’Afghanistan dove viene messo in discussione il diritto di culto, allo studio, alla salute.

“Due poteri vuole il regime patriarcale: il primo è il potere sulla morte, controllare le guerre. Il secondo è quello sulla vita, che sta nel ventre delle donne.”  Maraini prosegue parlando della legge sull’aborto e di come il patriarcato non accetti che una donna possa essere autonoma nella propria scelta. “Oggi una donna dovrebbe essere libera di decidere se avere un figlio o meno”. Il discorso sulla maternità si amplia e si tocca il tema della GPA. La gestazione per altri è diventata reato universale in Italia, ma la posizione della scrittrice è diversa. Se fatta in forma solidale, e non sotto compenso, per affetto, per compassione, per regalare un’opportunità ad una coppia, dovrebbe essere lecita.

Dacia Maraini,a fine del suo intervento, si è dedicata a rispondere a domande e riflessioni dei presenti. Un’autrice che ha raccontato tanto, sia tramite i propri scritti che nella giornata dedicata all’incontro con i lettori. Una riflessione ampia, dettagliata e interessante su quello che è il tema del femminismo e della lotta per i diritti ieri e oggi.

A cura di Alex Lembo