“Con mio figlio ho fatto tanti errori: permettergli di indossare quei pantaloni rosa non è tra questi” una frase ricca di significato che, in questi giorni, sta facendo riflettere milioni di italiani. Questa è la chiusura di un film in proiezione in tutti i cinema d’Italia, un film che narra le toccanti vicende di un ragazzino, Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo e cyberbullismo, che si tolse la vita il 20 novembre 2012 a soli 15 anni. Queste parole sono una citazione della madre, Teresa Manes.

Andrea era un’adolescente come tanti che viveva una vita tranquilla nella sua Roma, eppure basta poco per privare un ragazzo della sua felicità e serenità. Basta semplicemente un lavaggio sbagliato, un lavaggio che portò dei pantaloni, originariamente rossi, a scolorire fino a diventare rosa. Andrea decise di indossarli ugualmente, inconsapevole di ciò che ne sarebbe derivato: insulti, scherzi, offese per un presunto orientamento sessuale diverso. Commenti sgradevoli che non si sono di certo fermati a qualche battuta in classe, ma sfociarono addirittura nella creazione di una pagina Facebook chiamata proprio “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.

Il film, approdato nelle sale dal 7 novembre, ripercorre questa difficile realtà che purtroppo accomuna molti ragazzi e lo fa con tatto e sensibilità non indifferenti. È Samuele Carrino, attore che interpreta Andrea, a trainare il racconto e a condurci, con la sua voce narrante, a comprendere tutto ciò che lo portarono a quell’atto di coraggio all’insegna di una libertà e di una pace che purtroppo, in questo mondo, Andrea non riusciva più a trovare.

E’ un film che porta a riflettere e a interrogarsi su temi spesso ignorati. Infatti, diverse scuole in tutta Italia hanno deciso di portare i propri studenti a guardarlo. Iniziare una lunga riflessione sulle conseguenze di determinati comportanti, sul peso delle parole, ma soprattutto su quanto gli insulti possano far male a chiunque li riceva

Bronte non è da meno: le quarte e le quinte degli istituti “Ignazio Capizzo” e “Benedetto Radice” godranno di questa possibilità.

“Gay di m****a”, “Fr***o”, “Ma quando s’ammazza”. Sono alcune delle frasi pronunciate da alcuni studenti romani durante la proiezione del film. Parole pesanti che rendono ancora più chiaro quanto sia importante trattare questi temi, consapevolezza che contraddistingue Teresa Manes. Dopo la morte di suo figlio, infatti, non si è mai fermata un attimo e ha dedicato tutta la sua vita a parlare dei pericoli e dei rischi del bullismo facendo di tutto affinché la storia di suo figlio non si ripeta.

Nel 2022, per il suo operato, è stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella. “Mi piacerebbe che chi continua a negare l’omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito. Perché la parola non è un concetto vuoto. La parola è viva ed uccide. Io, di certo, non mi piego. Mio figlio non c’è più ma l’omofobia, a quanto pare, sì”. Frasi che Teresa non si stancherà mai di ripetere e che dovrebbero lasciare un segno in ognuno di noi.

A cura di Lorena Papotto